«In Repubblica Centrafricana, paese insicuro, dalle mille contraddizioni, tra i più poveri al mondo, il tempo presente viaggia lentamente anche se devi gestire un’urgenza, anche se ti trovi davanti una situazione clinica drammatica in cui ogni secondo è prezioso. La realtà a quelle latitudini è che l’urgenza non esiste! Non puoi permetterti di gestirla, non ci sono i mezzi e le possibilità. Perché il bambino arriva troppo tardi, perché mancano i farmaci, perché non hai adeguate strumentazioni, perché mancano i medici e gli infermieri». Così Elita, specializzanda in pediatria, racconta i suoi mesi trascorsi al Complesso Ospedaliero Universitario Pediatrico di Bangui.
«Il senso del limite: è questo un secondo insegnamento che mi porto a casa. Il limite professionale, perché non sei preparata a tutto e non puoi avere risposta per ogni cosa, non puoi avere competenze infinite, non sarai mai preparata abbastanza – prosegue Elita -. Il senso del limite umano perché arriva il momento in cui devi capire che ti devi fermare; il limite delle lacrime di una mamma che, a un certo punto quando ha perso magari 3 o 4 figli, finiscono. L’unica cosa che non ha limite è il sorriso spontaneo di un bambino, che si accende all’improvviso, quando meno te lo aspetti e ti rimette di nuovo in piedi. Tutti i pezzi che si erano sgretolati, tutti i muri che ti sei trovata davanti, acquistano un senso. L’unico senso per cui sei lì: quello di fare la pediatria e di tirare fuori tutte le tue risorse per salvare quel bambino».
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